L’aumento ingiustificato dei prezzi dei dpi e la frode in commercio sono solo alcuni dei crimini di matrice finanziaria che il Coronavirus ha contribuito ad alimentare.
Commercialisti e penalisti sono al lavoro per chiarire i loro impatti e sostenere le imprese nel superamento della crisi socio-economica. Ne parlano Gianmarco Danilo Taranto e Gian Filippo Schiaffino.
Con lo scoppio dell’emergenza sanitaria è cresciuta esponenzialmente la richiesta di dispositivi sanitari di protezione individuale, i cosiddetti dpi, divenuti in breve tempo introvabili. All’aumento della domanda di mascherine, gel disinfettanti e altri strumenti medicali, le imprese hanno risposto moltiplicando le risorse per loro produzione, oppure convertendo il proprio business alla realizzazione dei dispositivi richiesti. Se, da un lato, ciò ha permesso a molte aziende di sopravvivere alla crisi, dall’altro ha favorito una serie di attività illecite legate alla produzione, commercializzazione e distribuzione dei dpi: aumento ingiustificato dei prezzi, vendita di prodotti difettosi, uso di certificazioni di conformità false. Secondo quanto comunicato dal Ministero dell’Interno, infatti, dall’inizio della pandemia la Guardia di finanza ha sequestrato circa 4,1 milioni di mascherine e dispositivi di protezione individuale, oltre 615 mila confezioni di igienizzanti e ulteriori 54 mila litri ancora da confezionare; circa 440 soggetti sono stati segnalati all’autorità giudiziaria e sono state elevate contestazioni amministrative nei confronti di 81 soggetti. Per contenere e prevenire l’aumento dei prezzi durante la fase 2, il Governo ha emanato un’ordinanza che ha fissato un costo massimo di 50 centesimi più Iva per la vendita al pubblico delle mascherine chirurgiche che rispettano lo standard europeo.
Il codice penale italiano sanziona chi genera profitto sfruttando l’emergenza sanitaria con l’articolo 501bis, che prevede il reato di “manovre speculative su merci” con lo scopo dichiarato di contrastare deprecabili forme di accaparramento e di maggiorazione di beni di largo consumo. La speculazione, però, non è l’unico crimine di carattere finanziario che il coronavirus ha contribuito a diffondere. A questo si aggiungono la frode in commercio e i reati contro la pubblica amministrazione.
Per fare il punto sulle fattispecie criminose più diffuse durante la pandemia e su come è cambiata l’attività di commercialisti e penalisti, Le Fonti Legal ha interpellato Gianmarco Danilo Taranto, founding partner, head of tax and finance department di TmdpLex e Gian Filippo Schiaffino, socio fondatore di Amtf Avvocati.
Manovre speculative e Codice penale
L’aumento repentino dei prezzi, come conferma Gianmarco Danilo Taranto, è giustificato inizialmente da un improvviso aumento della domanda e dalle difficoltà di soddisfare la crescente richiesta da parte di tutta la filiera produttiva non solo nazionale. «Ovviamente ciò ha lasciato spazio a speculazioni di ogni genere non solo nel privato e nelle vendite al dettaglio, ma soprattutto nelle forniture sanitarie ospedaliere, di cui in parte già individuate dalle Procure e messe in risalto dalla cronaca.
Sicuramente l’intervento governativo, anche se tardivo a mio avviso, che ha fissato il prezzo di vendita dei dispositivi di protezione individuale, indipendentemente dalla congruità della cifra stabilita, ha arginato e limitato le ulteriori speculazioni».
Gian Filippo Schiaffino sottolinea quanto il fenomeno descritto sia assolutamente tipico delle situazioni d’emergenza in cui determinati prodotti diventano, all’improvviso, di primaria necessità per tutti: «Nel contesto attuale l’aumento dei prezzi di mascherine, gel disinfettanti, guanti monouso e camici è stato determinato anche dal fatto che la produzione dei citati beni è stata spesso delocalizzata nel corso degli ultimi anni.
Quindi, il loro difficile reperimento, oltre all’effettivo bisogno da parte di moltissimi, ha generato una significativa crisi del sistema che, per quanto possibile, le Istituzioni hanno tentato quantomeno di fronteggiare».
L’attività criminosa è inquadrata nel Codice penale come “manovre speculative su merci”. «Il reato è disciplinato dall’art. 501 bis», spiega Taranto «e sanziona l’aumento ingiustificato dei prezzi causato anche da un singolo commerciante che profitti di particolari contingenze di mercato e, così facendo, determini la possibile influenza del rincaro prezzi generalizzato, così come definito della VI sezione della Cassazione con una sentenza de 15 maggio 1989».
«L’art. 501 bis», prosegue Schiaffino «prevede due fattispecie criminose che hanno come oggetto materie prime, generi alimentari di largo consumo o beni di prima necessità. Si tratta di un intervento normativo introdotto dal legislatore a tutela dei consumatori in quanto diretto a sanzionare comportamenti speculativi.
Il reato di manovre speculative su merci è stato inserito nel nostro ordinamento nel 1976 per contrastare i fenomeni tipici dell’epoca, come l’accaparramento di beni di consumo con conseguente rarefazione delle merci e aumento dei prezzi. Come si intuirà, queste manovre speculative erano finalizzate a conseguire un indebito profitto.
In particolare, la norma sanziona chiunque, nell’esercizio di qualsiasi attività produttiva o commerciale, compie manovre speculative ovvero occulta, accaparra od incetta materie prime, generi alimentari di largo consumo o prodotti di prima necessità, in modo tale da determinarne la rarefazione o il rincaro sul mercato interno; in caso di commissione dell’illecito descritto, l’agente è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 516 euro a 25.822 euro. Inoltre, alla medesima pena soggiace chiunque, in presenza di fenomeni di rarefazione o rincaro sul mercato interno delle merci indicate nella prima parte del presente articolo e nell’esercizio delle medesime attività, ne sottrae all’utilizzazione o al consumo rilevanti quantità. Si noti come in caso di flagranza di reato, l’autorità giudiziaria competente procede con il sequestro delle merci e dispone la vendita coattiva immediata delle stesse.
È importante segnalare coma un’eventuale condanna per il reato di manovre speculative sulle merci comporta l’interdizione dall’esercizio di attività commerciali o industriali per le quali sia richiesto uno speciale permesso o una speciale abilitazione, autorizzazione o licenza da parte dell’autorità, nonché la pubblicazione della sentenza, conseguenze di non poco rilievo per un commerciate o un imprenditore. I rischi descritti sono effettivamente acuiti in fasi delicate quali l’emergenza epidemiologica da Covid-19 e sono tuttora persistenti».
Frode in commercio e malversazione ai danni dello Stato
Oltre alle manovre speculative, l’emergenza sanitaria ha innescato altre tipologie di reato: «In second’ordine la frode in commercio, art.515 del Codice Penale», afferma Taranto «anche questo procedibile d’ufficio, per la tutela della correttezza e lealtà degli scambi commerciali, che punisce chi nell’esercizio di un’attività commerciale consegna una cosa mobile per un’altra, o una cosa mobile, per origine, provenienza, quantità o qualità, diversa da quella pattuita, è il caso dei noti prodotti senza marchio CE». Schiaffino aggiunge, tra i delitti contro la pubblica amministrazione, il reato di malversazione ai danni dello Stato, disciplinato dall’art. 316 bis del codice penale.
Questa norma è finalizzata ad assicurare una efficace repressione degli abusi compiuti nell’ambito dell’erogazione delle sovvenzioni pubbliche, che vanno intese tuttavia in modo diverso dalle frodi.
Il reato di malversazione ai danni dello Stato sussiste qualora vengano posti in essere abusi non fraudolenti a fronte di un finanziamento legittimamente ottenuto.
La disposizione in esame mira a salvaguardare gli interessi finanziari dello Stato, ma anche degli altri enti pubblici e dell’Unione Europea, perché i contributi, le sovvenzioni o i finanziamenti ricevuti siano destinati a favorire iniziative dirette alla realizzazione di opere o allo svolgimento di attività di pubblico interesse».
Commercialisti e penalisti al fianco delle imprese
Oltre ad incentivare specifiche attività criminose, il Coronavirus ha impattato sia sul rendimento delle imprese che sull’attività di penalisti e commercialisti. Per quanto riguarda gli effetti sulle aziende «i danni causati dall’emergenza Covid», sostiene Taranto «non sono soltanto quelli tangibili e misurabili economicamente nell’immediatezza del periodo di lockdown, sia in termini di calo del fatturato e margini di rendimento, che di competitività e quote di mercato; ma ben più insiti e che potranno compromettere la continuità e l’esistenza delle imprese stesse e i cui effettivi li vedremo nel medio periodo.
Gli interventi governativi, con i vari decreti emanati per arginare i danni, hanno soltanto in parte limitato gli effetti di breve periodo, ma occorre una programmazione e una politica economica e fiscale che favorisca un rilancio economico».
A detta di Taranto le aspettative di ripresa dipenderanno molto dall’andamento della pandemia e se subentreranno ulteriori chiusure per arginare il diffondersi; «sicuramente», spiega l’avvocato «è atteso un forte rimbalzo economico, ma difficilmente si riuscirà a recuperare le perdite di pil generate dall’emergenza, ciò dipenderà molto anche dalle politiche fiscali e dalla sburocratizzazione che il governo porrà in essere, quelle fin ora messe in campo, dalla sospensione e rinvio dei pagamenti fiscali, ai bonus, crediti di imposta e contributi a fondo perduto, all’allargamento della Cig e al blocco dei licenziamenti, hanno, a mio avviso, solo tamponato gli effetti negativi, ma non sono atte a porre in essere un rilancio economico».
Come sottolinea Taranto, i commercialisti si sono trovati in prima linea accanto alle imprese durante questo tumultuoso periodo, con non poche difficoltà: «Le attività di studio hanno subito uno stravolgimento organizzativo senza precedenti, da un lato il susseguirsi nell’arco di pochi mesi di numerosi Decreti di notevole portata hanno generato un carico di lavoro eccezionale ed una necessaria riorganizzazione interna allo scopo di affiancare agli adempimenti fiscali ordinari quelli straordinari, dall’altro l’adeguamento alle nuove modalità di lavoro smart working, ormai acquisite, con i necessari investimenti in formazione, strumenti informatici e software adeguati, ha portato un inevitabile cambiamento nelle dinamiche abituali preesistenti tra clienti e consulente.
Dispiace molto vedere l’incuranza del legislatore verso una categoria così importante che non solo ha accompagnato e sostenuto le imprese in tale periodo, ma che ha il “polso” dell’economia e delle problematiche reali che hanno vissuto e vivono quotidianamente gli imprenditori; mi auguro quanto prima che si inizi un dialogo reale e concreto non solo con i commercialisti ma con tutti gli addetti ai lavori, per una “vera riforma fiscale.”».
Anche gli avvocati penalisti hanno cercato di adattare le proprie competenze alla situazione emergenziale: «Questo intento è stato perseguito negli scorsi mesi per coadiuvare le tante attività di impresa a ciclo continuativo che non potevano di certo arrestarsi; per tutelare i detenuti dal rischio di contagio presso le strutture carcerarie già notoriamente in condizioni critiche; per contribuire, ove possibile, con il proprio lavoro a superare quanto prima l’emergenza socio-economica, conseguenza diretta e immediata della pandemia», conclude Schiaffino.