Lo studio “modello-impresa”

Giuseppe La Scala racconta la sua carriera: da operatore part time di data entry a fondatore di una degli studi più innovativi del panorama legale

L’avvocato non deve accontentarsi della “bassa risoluzione”, ma ispirarsi alla varietà espressiva propria dell’arte. Imparare a parlare più linguaggi, per potersi confrontare con figure eterogenee, che vanno dal top manager, all’amministratore di condominio, alla donna in fase di divorzio. Sempre in “alta risoluzione”, però. Perché il futuro è in mano ai “problem solver”, agli avvocati che riescono a dare valore aggiunto al mercato. È la filosofia di Giuseppe La Scala, socio fondatore dello studio legale La Scala, che ha fatto dell’innovazione la sua “strada maestra”: lo studio è diventato società per azioni un anno fa, uno degli unici a sfruttare l’opportunità aperta dal ddl Concorrenza, mentre a settembre 2018 è diventata operativa La Scala Cerved società tra avvocati. Si tratta di una partnership strategica tra Cerved group spa, operatore attivo nell’analisi del rischio di credito e nel credit management, e lo studio La Scala, specializzato invece nei servizi di recupero crediti giudiziale. È la prima alleanza tra un partner industriale e una società tra avvocati. D’altra parte, il percorso professionale di Giuseppe La Scala è partito proprio da lì, dall’innovazione, un po’ per caso: «durante il periodo universitario ho incontrato un amico che faceva l’avvocato e cercava un giovane che lo aiutasse con l’informatizzazione dello studio. Era il 1981. Sono stato ingaggiato a 21 anni come operatore “part time” (ero ancora studente) di data entry. Era la prima volta che avevo a che fare con una tastiera e con un video». Da lì nasce la sensibilità rispetto a innovazione e processo. «Ho sempre mantenuto una forte attenzione all’information technology e ai risultati derivanti dal rispetto del rigore aziendale. Diciamo che se l’inizio è stato casuale, gli esiti non lo sono stati per nulla». Dopo la laurea in giurisprudenza, La Scala inizia a svolgere la professione come avvocato giudizialista. «Oggi ormai la mia attività è perlopiù stragiudiziale, ma mi è rimasta quella passione per “l’odore del sangue” dell’udienza. Provo la stessa adrenalina di quando in barca bisogna prendere in mano le redini della situazione nel momento in cui il tempo peggiora». Passato l’esame da procuratore, l’attività di La Scala si concentra sul contenzioso commerciale. «Il caso ha voluto che i clienti bancari ci spingessero a gestire i primi temi strutturali di gestione dei portafogli e i processi complessi anche organizzativi per l’attività di contenzioso seriale e di restructuring. Così, ho iniziato a fare restructuring dal lato delle banche. Poi, durante la crisi, ho cominciato ad assistere anche le imprese».

Lo studio legale La Scala nasce 27 anni fa, quando il fondatore ha 30 anni e i colleghi sono tutti più giovani. Con un obiettivo comune: la condivisione dei successi. «Abbiamo iniziato a condividere scelte di investimento importanti. Tutto ciò che guadagnavamo lo investivamo nello studio, nella crescita, nell’innovazione tecnologica, nella formazione. La nostra più grande soddisfazione era infatti vedere crescere un progetto e questo è stato possibile anche per il fatto che nessuno di noi aveva una tradizione forense in famiglia. Ricordo che quando eravamo già una sessantina, dopo 15-20 anni, c’era uno solo tra noi che aveva il padre che aveva fatto la professione per qualche anno: eravamo “homines novi” e questo forse ha contributo a non lasciarci cadere in retaggi e pregiudizi. Ci inventavamo la professione perché nessuno ce l’aveva insegnata». Ora, dopo “l’operazione Cerved”, La Scala è in fase di consolidamento e di studio delle nuove prospettive che può portare l’alleanza e la trasformazione in società di capitali. «Un domani si potranno cercare capitali in borsa, oggi la società tra avvocati è di proprietà degli avvocati e in qualsiasi impresa, a mio avviso, il coinvolgimento dei lavoratori è fondamentale. La forma giuridica “società per azioni” ti permette di accedere più facilmente ai finanziamenti bancari e di lavorare con una pianificazione finanziaria, di cui è responsabile il direttore generale. Uno studio all’avanguardia non si fa colonizzare da nessuno, in questo senso la partnership con Cerved è alla pari: due leadership che propongono un’offerta imbattibile sul mercato». Il modello adottato dallo studio La Scala è pensato per valorizzare “l’intuitus personae”: «le quote sociali vengono modificate ogni anno sulla base di analisi affidate ai senior partner, che non prendono premi speciali e hanno il potere di proporne l’assegnazione. Sono loro che valutano le performance degli altri soci e propongono premi variabili, oltre all’ingresso di nuovi soci sulla base dei consuntivi sull’attività svolta e dei programmi portati a termine».

La filosofia di base, insomma, è la stessa delle origini, nonostante le ripetute innovazioni: lavorare non per la massimizzazione dei ricavi del singolo, ma utilizzare gli utili per investire «ed essere pronti a cogliere le occasioni di investimento. Anche nelle grandi strutture con una pluralità di soci, è fondamentale fare spogliatoio e noi cerchiamo persone con interessi organici». Il singolo professionista deve semmai concentrarsi sul risultato, perché il mercato richiede oggi dei “problem solver”. «Siamo stati tutti formati con la vecchia parola d’ ordine  dell’obbligazione di mezzi, ed è vero che una buona difesa, anche  se non può garantire sempre la vittoria, è  giusto che venga pagata. Ma è altrettanto vero che quando il cliente chiede di essere accompagnato in un’operazione straordinaria, se la trattativa si interrompe durante il negoziato, non si può richiedere di essere pagati per il 90 per cento della parcella». Insomma, oggi l’avvocato deve condividere con i clienti il rischio imprenditoriale, senza soffermarsi su battaglie di retroguardia: «la “success fee” non deve essere demonizzata. Anni fa dissi che il meccanismo del “time sheet” era un’ipocrisia, oggi, tra i cap e le convenzioni, il cliente vive di preventivi. Non possiamo più pensare di essere pagati attraverso rendite di posizione, ma serve aggiungere valore al mercato. Il futuro è dei problem solver e i compensi saranno sempre più parametrati alla capacità di aggiungere valore».

Nel futuro di La Scala, a 60 anni, si prefigura anche il giorno del ritiro, con l’obiettivo che la filosofia di fondo venga portata avanti dai più giovani: «sarei orgoglioso di sapere che i soci più giovani vorranno continuare a chiamarsi La Scala, perché significherebbe aver creato una cultura di impresa legale, una cultura professionale. Oggi metto a disposizione dei colleghi esperienza, saggezza, magari capacità di fare il salto decisivo durante un’operazione. Ma non offro più soluzioni di dettaglio, per cui a 60 anni è ragionevole immaginare il giorno del ritiro, e mi piacerebbe lasciare a persone che facciano tesoro della nostra storia di cultura di impresa». Il che significa puntare su formazione, cultura, arte: «agli avvocati fa bene vedere dei bei quadri e confrontarsi con modelli alti e con le diverse capacità espressive, perché in fin dei conti la nostra professione si ispira alla varietà espressiva dell’arte».

Non accontentandosi della “bassa risoluzione”, ma ricercando sempre e comunque il meglio. Perché «la qualità è un karma».

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